La nave da battaglia Regina Margherita costituiva una classe di unità pluricalibro assieme alla gemella Benedetto Brin costruita a Castellammare di Stabia.
Il piano di costruzione delle due unità fu elaborato dall’Ispettore del Genio Navale Benedetto Brin e, alla morte di questi, realizzato dal Generale del Genio Navale Ruggero Alfredo Micheli.
L’unità fu impostata nel 1898 nell’Arsenale di La Spezia, varata nel 1901 e consegnata, al comando del Cap. di Vascello Leone Viale, alla Regia Marina giovedì 14 aprile 1904.
La Regina Margherita pronta al Varo
Dislocamento normale era di 13.427 tonnellate. Pieno carico di 14.574 tonnellate.
lunga 138,6 metri; Larga 23,8; Immersione di 8.9 metri.
L’apparato motore era composto da 28 caldaie che alimentava due motrici alternative che sviluppavano un potenza di 20.000 cavalli per una velocità di 20 nodi.
Il combustibile era rappresentato da circa 1.000 tonnellate di carbone. I localicarbonili erano sistemati in modo tale da offrire protezione ulteriore in caso di attacco di artiglierie.
Regina Margherita in Navigazione
Lo scafo era così protetto:
- protezione verticale sulle murate spessa 150 mm;
-
nella parte centrale che si riducevano a 100 mm nelle estremità di poppa e prora;
- protezione orizzontale sul ponte di 80 mm.;
- le artiglierie erano protette da corazze di 220 mm e il torrione da 150 mm.
La prora era armata con un rostro per un eventuale speronamento delle navi nemiche, ancora retaggio di un’antica concezione di battaglia navale, ormai superata dall’entrata in servizio delle torpediniere e dei cannoni a lunga gittata che rendeva impossibile un incontro ravvicinato pereffettuate tale tipo di attacco.
L’armamento principale era costituito da 4 cannoni da 305/40 mm accoppiati in due torri, una a poppa ed una a prora; quello secondario da 4 cannoni da 203/45 mm sistemati in casematte in coperta e da 12 cannoni da 152 mm, sei a dritta e sei a sinistra nel ridotto, nonché 20 cannoni da 76 mm, 2 pezzi da 47 mm, 2 pezzi da 37 mm e 2 mitragliere.
I 4 cannoni da 305, quelli da 203, quattro da 152 e 12 da 76 mm avevano la possibilità di sparare per linea di chiglia, metà in “caccia” e metà in “ritirata”.
L’armamento subacqueo era costituita da 4 tubi lanciasiluri , sistemati due al di sotto del galleggiamento e due al di sopra.
Attività operativa
La nave fu consegnata alla Regia Marina il 14 aprile 1904 e l’11 maggio dello stesso anno a La Spezia le fu assegnata la bandiera di combattimento dalla Regina Margherita in persona e il suo motto:
“Per l’Onore d’Italia”.
Svolse il ruolo di ammiraglia della flotta fino al 1910 partecipando a tutte le esercitazioni che svolte nel mediterraneo.
Nel 1909, unitamente alle altre unità e a parte della flotta russa dislocata nel Mediterraneo, partecipò attivamente alle operazioni di soccorso delle popolazioni di Messina e di Reggi Calabria colpite dal terremoto e maremoto del 28 dicembre 1908.
Durante i lavori di manutenzione del 1911 la nave subì dei danni causati da esplosioni accidentali delle caldaie per cui non poté partecipare alla prima fase guerra italo-turca ma, in seguito,unitamente alla gemella Benedetto Brin fu impegnata nelle operazioni belliche dell’Egeo.
Partecipò anche ai bombardamenti dei forti turchi del Bosforo, alla presa dell’isola di Rodi ed allaconquista del Dodecanneso.
Nel 1915 l'esercito serbo con l'ormai anziano re Pietro I e l'erede al trono Alessandro subirono notevoli perdite e furono messi in fuga attraverso l'Albania e posti in salvo dalla Regia Marina Italiana verso Corfù, dove si riorganizzarono. La nave Regina Margherita partecipò attivamente al traghettamento dell’esercito con tutta la cavalleria.
Ma con la resa del Montenegro nel gennaio del 1916, quando gli eserciti austro-tedeschi puntarono direttamente sui porti albanesi, si rese necessario accelerare la fase di salvataggio di quel che rimaneva dell'esercito serbo .
Operarono 45 navi italiane, 21 francesi e 11 inglesi, che entro il 9 febbraio di quell'anno riuscirono a trasferire dall'altra parte dell'Adriatico i serbi in ritirata e tra loro anche il re Pietro I Karageorgevich, il principe ereditario Alessandro, che aveva guidato la resistenza serba prima della ritirata, il primo ministro Pasic e i membri del governo nazionale. Queste autorità e i superstiti successivamente si spostarono a Corfù dove cercarono di ricomporre l'esercito.
Il 22 gennaio giunse a Brindisi anche la famiglia reale del Montenegro, il re Nicola, la regina Milena e le principesse Vera e Xenia, che dopo alcuni giorni si trasferirono in Francia.
Durante queste traversate vi furono diverse perdite di navi italiane, sia militari che mercantili, infatti gli austriaci riuscirono a disseminare numerose mine nel canale di mare che collegava Brindisi con Valona.
A ricordo di questi avvenimenti fu posta sul lungomare, il 10 febbraio del 1924, l'epigrafe marmorea dove vengono citati solamente i 202 viaggi delle navi italiane, ma non vi è riferimento anche ai 101 viaggi francesi e i 19 inglesi, che contribuirono al salvataggio :
"Dal dicembre MCMXV al febbraio MCMXVI le navi d'Italia con cinquecento ottantaquattro crociere protessero l'esodo dell'esercito serbo e con duecentodue viaggi trassero in salvo centoquindicimila deicentottantacinquemila profughi che dall'opposta sponda tendevano la mano".
Allo scoppio della I guerra mondiale, dunque, la base del Regina Margherita fu Brindisi, nell’ambito della strategia navale di blocco del canale d’Otranto e della baia di Valona in Albania.
Nell’imminenza della guerra con l’impero austro-ungarico, si rese necessario organizzare un piano di controllo del passaggio di navi dall’Adriatico allo Ionio e, quindi, nel resto del Mediterraneo e il Regina Margherita fece parte di una formidabile barriera tra Puglia ed Albania.
Barriera che, allo scoppio della guerra ed al successivo ingresso dell’Italia nel conflitto, relegò la flotta austriaca nel mare chiuso dell’Adriatico. In tale operazione la Regia Marina, con il suo naviglio sottile e subacqueo, divenne la protagonista di tale tipo di operazione in collaborazione con le flotte degli Alleati.
La base navale italiana si trovava nell’isola di Saseno all’ingresso della baia e le sue navi poteva controllare tutto il traffico da e per il Mar Adriatico. Tale situazione impedì che la flotta austro-ungarica potesse uscire fuori da tale mare, tanto è vero che fu stanata da nostre unità sottili eprincipalmente dai leggendari M.A.S. ( vedi Beffa di Buccari ed affondamento della Viribus Unitis).
Il Regina Margherita, posto dunque a difesa del campo minato della baia di Valona era al comando del Capitano di Vascello Giovanbattista Bozzo Gravina; l’unità assunse le funzioni di nave ammiraglia di divisione con l’insegna del contrammiraglio Cusani Visconti Lorenzo.
Capitano di Vascello Contrammiraglio
Giovanbattista Bozzo Gravina Cusani Visconti Lorenzo
Vice Ammiraglio Enrico Millo
Comandante del porto di Valona
EPILOGO DELLA TRAGEDIA
Nel mese di dicembre 1916 fu disposto che la nave rientrasse a Taranto per il normale ciclo di lavori di carenaggio in bacino. In considerazione delle pessime condizioni atmosferiche e del mare in tempesta, l’11 dicembre l’Ammiraglio Millo, nel dare l’ordine di salpare per Taranto, rimise alle decisioni del comandante Bozzo l’orario della partenza.
Le ipotesi raccolte su internet risultano essere due:
Prima ipotesi sui fatti accaduti
Il Comandante, osservando che alle ore 21 dello stesso giorno la tempesta si stava placando, diede ordine di levare le ancore e dirigersi verso l’uscita della baia. La potente unità era scortata dai Cacciatorpediniere Ardente ed Indomito e si avviò a manovrare nel corridoio aperto tra i campi minati della baia.
All’improvviso, nel tratto di mare tra l’isola di Saseno e punta Linguetta, la nave incappò nelle mine austriache che provocarono esplosioni sia nel deposito delle munizioni di prora e si al centro nave in corrispondenza del locale apparato motore. Le esplosioni lasciarono la nave senza governo e, mentre si appruava, gli uomini superstiti ebbero il tempo di riunirsi a poppa ma, per breve tempo.
Dopo soli 5-6 minuti dalle esplosioni, la nave si inabissò di prua portando in fondo al mare il Comandante e 614 uomini dell’equipaggio.
Finì in fondo al mare anche il Generale Baldini, comandante della Forza di Spedizione Italiana in Albania che stava rientrando in Italia sulla sfortunata unità.
Si salvarono solo 18 ufficiali e 257 marinai e solo grazie ai soccorsi di altre navi. Le pessimecondizioni del mare, altrimenti, avrebbero completamente fatto scomparire tra i flutti l’intero equipaggio del Regina Margherita.
Seconda ipotesi dei fatti accaduti
la nave infatti si trova ormeggiata nel porto di Valona e dovrà nella notte partire per riportarli in Italia. In serata il tempo peggiora molto e la notte che sopraggiunge è buia e fredda ed il mare tempestoso. Il comandante della nave, il capitano di vascello Giovanni Bozzo Gravina, preoccupato per le condizioni meteo, esterna le proprie perplessità in merito ad una partenza in quella notte. Il vice ammiraglio Millo, comandante del porto di Valona è però irremovibile, lapartenza è improcastinabile ed assegna come scorta due caccia che dovranno pilotare la corazzata nell'uscita dal porto, nella rotta di sicurezza per la presenza di mine nemiche.
A questo punto, pare che il comandante della Regina Margherita, stizzito per la conferma dell'ordine di partenza , rifiuta la scorta.
Così in quella fredda e buia notte la corazzata, mollati gli ormeggi, e si mette in rotta per l'uscita dal porto; passano pochi minuti e si compie il dramma: lo scafo colpisce con la prora, a sinistra, una mina e subito dopo ne coplisce un'altra a dritta in corrispodenza delle caldaie prodiere. La nave affonda, come un ferro, in soli 6 minuti!
Come sempre, a tragedia ultimata, si cercarono i responsabili e lo Stato Maggiore della Regia Marina, si giustificò affermando quanto segue:
” Per quanto siano venuti a mancare quelli che avrebbero potuto spiegare con tutta esattezza il succedersi dei fatti, pur nondimeno essi possono ricostruirsi con la necessaria precisione nella loro tragica semplicità e si può subito affermare che la perdita della nave non deve attribuire a dolo o ad insidia nemica, ma ad una disgraziata fatalità di molte circostanze concomitanti che hanno tratto il Comando in errore di apprezzamenti e conseguentemente di decisioni”.
L’affermazione precedente si basava sul fatto che il Comandante Bozzo non avrebbe rispettato la normale procedura di uscita dal canale di sicurezza del campo minato ma avrebbe scarrocciato di 51° dalla rotta prefissata urtando contro mine amiche e non mine posate dal sommergibile nemico.
E da ricordare che l’anno precedente, sempre nello stesso tratto di mare e sempre urtando contro mine depositate dal sommergibile austro-ungarico UC 14 al comando dell’Oberleutnant zur See Caesar Bauer, erano affondate la nave trasporto truppe Umberto I ed il cacciatorpediniere Intrepido.
Comunque la tragedia, oltre alle vittime ed alla perdita di una bella nave, ebbe anche ripercussioni sulla condotta della guerra. Sommergibili nemici e sabotaggi stavano danneggiando in maniera vistosa la nostra flotta da guerra.. Gli incrociatori Amalfi e Garibaldi erano stati silurati nell’alto Adriatico, le corazzate Brin e Leonardo da Vinci affondate da sabotaggi rispettivamente aBrindisi ed a Taranto. L’opinione pubblica attribuiva queste perdite alla cattiva condotta della guerra navale e ad un’eccessiva attività che non dava buoni risultati.
Negli alti vertici fu deciso di rimuovere Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi, comandante della Marina unitamente agli Ammiragli Cagni e Millo, strateghi dell’offensiva ad oltranza nei confronti della flotta nemica. Millo era il responsabile del campo minato di Valona e colui che aveva ordinato a Bozzo di salpare per Taranto.
Il Comando della Regia Marina fu assunto dall’Ammiraglio Paolo Thaon de Revel.
Quel tratto di mare era decisamente scalognato. Durante la seconda guerra mondiale, infatti, il 14 marzo 1941 fu affondata da un aerosilurante inglese la nave – ospedale PO sulla quale era imbarcata anche Edda Ciano, figlia di Mussolini, che prestava servizio come crocerossina.
Marinai di Carrara e Massa periti nell’affondamento (secondo Albo d'Oro):
Sc Cannoniere Alfredo PIANINI di Giovanni 29 Maggio 1892
Allievo Torpediniere Adolfo NICODEMI di Pilade, 17 settembre 1898
Mar. scelto Domenico PARDINI (Montignoso)di Anselmo 15 gennaio 1891
Cimitero di Turigliano lapide in memoria di Pianini Alfredo
SC CANN. PIANINI Con un Commilitone
Foto di gruppo
3758 C. REGINA MARGHERITA 1901 |
ALBANIA Cosi abbiamo ritrovato il relitto della Regina Margherita.
Fabio RUBERTI